Chiedete l’impeachment per Beppe Grillo.

Dopo le rivelazioni sensazionali (!!1!) di oggi, il M5S e FI a braccetto hanno chiesto con ancora più forza L’impeachment per Napolitano.

Grillo sul suo blog scrive: “Con un governo in carica, mai sfiduciato dal Parlamento, e con lo spread ancora sotto la soglia critica, Napolitano fa sapere a Monti che è candidato alla presidenza del Consiglio e Monti va in pellegrinaggio in Svizzera da De Benedetti a chiedere la sua benedizione. Un Savoia al posto di Napolitano avrebbe avuto più ritegno”. “Berlusconi era allora un presidente del Consiglio regolarmente eletto, non era ancora stato condannato e fatto decadere. Fu sostituito con un tecnocrate scelto da Napolitano senza che il Parlamento sfiduciasse il governo in carica. Oggi, dopo due anni e mezzo, sappiamo che lo spread non ha (né aveva) nulla a che fare con l’economia reale. Infatti lo spread è sceso mentre l’Italia è in profonda recessione, stiamo molto peggio del 2011. Sappiamo anche – aggiunge – che un Presidente della Repubblica ha svolto funzioni che non gli sono attribuite dal suo incarico senza che gli italiani ne fossero informati.”
E finisce il suo scritto contro Napolitano con ” Impeachment, e così sia!”

Peccato che Grillo si sia dimenticato che Napolitano seguì la sua lettera. Infatti nel luglio 2011 Beppe chiedeva nel suo blog le stesse cose che poi alla fine Napolitano avrebbe fatto.

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In fila:
1) di nominare un nuovo presidente del consiglio al posto di quello attuale, una figura istituzionale e non legata ai partiti.
2) di concordare che con questo governo (quello di Berlusconi, mai sfiduciato dalle Camere) l’Italia fosse avviata al fallimento economico e sociale e che non potesse aspettare le elezioni del 2013 per sperare in un cambiamento.

La situazione dell’Italia nel 2011 era critica (e i toni della lettera di Grillo a Napolitano lo confermano). Adesso Grillo dice che “lo spread era sotto la soglia critica” e la situazione non era così drammatica. Come mai hai cambiato idea, caro Beppe?
Berlusconi doveva essere cacciato, e, visto che il parlamento (“trasformato in un suk”) non l’avrebbe mai fatto, toccava a Napolitano farlo. Adesso Grillo dice che “Berlusconi era allora un presidente del Consiglio regolarmente eletto, non era ancora stato condannato e fatto decadere”, e in pratica poteva rimanere “legittimamente” come presidente del consiglio. Come mai hai cambiato idea, caro Beppe?

Eh no, caro Beppe. Napolitano ha fatto quello che tu gli chiedevi. Quindi, se proprio vuoi chiedere l’impeachment (che in Italia non esiste) , chiedilo per te stesso. Ti sarà dato.

P.S. (Lo scrivo. Non si sa mai) Naturalmente il titolo e la richiesta d’impeachment verso Grillo sono un paradosso. Non esiste in Italia, e né Napolitano né Grillo potranno correre il rischio di venire processati con questa accusa.

19 pensieri su “Chiedete l’impeachment per Beppe Grillo.

      1. giaimeddu

        Caro Mirko, non rispondevo a te, ma al commento sopra che sproloquia di scioglimento delle Camere e QUINDI nuove consultazioni per il nuovo Presidente del Consiglio.

  1. Pingback: Lettera di un Grillino mai nato | Democrazia e Sviluppo

  2. manuele

    Questa mattina, 30 gennaio 2014, il MoVimento 5 Stelle ha presentato la:
    DENUNCIA PER LA MESSA IN STATO D’ACCUSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, CONCERNENTE IL REATO DI ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE REPUBBLICANA

    Il Presidente della Repubblica, On. Giorgio Napolitano, nell’esercizio delle sue funzioni, ha violato – sotto il profilo oggettivo e soggettivo, e con modalità formali ed informali – i valori, i principi e le supreme norme della Costituzione repubblicana. Il compimento e l’omissione di atti e di fatti idonei ad impedire e a turbare l’attività degli organi costituzionali, imputabili ed ascrivibili all’operato del Presidente della Repubblica in carica, ha determinato una modifica sostanziale della forma di stato e di governo della Repubblica italiana, delineata nella Carta costituzionale vigente. Si rilevano segnatamente, a seguire, i principali atti e fatti volti a configurare il reato di attentato alla Costituzione, di cui all’articolo 90 Cost.

    1. Espropriazione della funzione legislativa del Parlamento e abuso della decretazione d’urgenza

    La nostra Carta costituzionale disegna una forma di governo parlamentare che si sostanzia in un saldo rapporto tra Camere rappresentative e Governo. La prevaricazione governativa assoluta, caratterizzata da decretazione d’urgenza, fiducie parlamentari e maxiememendamenti configura, piuttosto, un ordinamento altro e diverso che non conosce più il principio supremo della separazione dei poteri. Il predominio legislativo da parte del Governo, attraverso decreti legge, promulgati dal Presidente della Repubblica, viola palesemente sia gli articoli 70 e 77 della Costituzione, sia le norme di primaria rilevanza ordinamentale (quale la Legge n. 400 del 1988), sia numerose sentenze della Corte costituzionale (tra tutte: sentenza n. 29 del 1995, n. 22 del 2012 e n. 220 del 2013). Ma al di là del pur impressionante aspetto quantitativo che, comunque, sotto il profilo del rapporto costituzionale tra Parlamento e Governo assume fortissima rilevanza, è necessario rimarcare, parallelamente, una preoccupante espansione della loro portata, insita nei contenuti normativi e, soprattutto, nella loro eterogeneità.
    Aspetto ulteriormente grave è la reiterazione, attraverso decreto- legge, di norme contenute in altro decreto-legge, non convertito in legge. La promulgazione, da parte del Presidente della Repubblica, di simili provvedimenti è risultata in palese contrasto con la nota sentenza della Corte costituzionale n. 360 del 1996, che ha rilevato come «il decreto- legge reiterato – per il fatto di riprodurre (nel suo complesso o in singole disposizioni), il contenuto di un decreto-legge non convertito, senza introdurre variazioni sostanziali – lede la previsione costituzionale sotto più profili».
    La forma di governo parlamentare, alla luce dell’attività normativa del Governo, pienamente avallata dalla connessa promulgazione da parte del Presidente della Repubblica, si è sostanzialmente trasformata in «presidenziale» o «direttoriale», in cui il ruolo costituzionale del Parlamento è annientato in nome dell’attività normativa derivante dal combinato Governo-Presidenza della Repubblica.

    2. Riforma della Costituzione e del sistema elettorale
    Il Presidente della Repubblica ha formalmente e informalmente incalzato e sollecitato il Parlamento all’approvazione di un disegno di legge costituzionale volto a configurare una procedura straordinaria e derogatoria del Testo fondamentale, sia sotto il profilo procedimentale che sotto quello degli organi deputati a modificare la Costituzione repubblicana.
    In particolare, il disegno di legge costituzionale governativo presentato alle Camere il 10 giugno 2013, sulla base dell’autorizzazione da parte del Capo dello Stato, istituiva una procedura di revisione costituzionale in esplicita antitesi sia rispetto all’art. 138 Cost., sia rispetto all’art. 72, quarto comma, della Costituzione che dispone: «La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale».
    Il Capo dello Stato ha, dunque, promosso l’approvazione di una legge costituzionale derogatoria, tra le altre, della norma di chiusura della Costituzione – ovvero l’art. 138 Cost. – minando uno dei principi cardine del nostro ordinamento costituzionale: la sua rigidità. Egli ha tentato di trasformare la nostra Carta in una Costituzione di tipo flessibile. Flessibilità che, transitivamente, si sarebbe potuta ritenere espandibile, direttamente ed indirettamente, alla Prima Parte della Costituzione repubblicana, in cui sono sanciti i principi fondamentali della convivenza civile del nostro ordinamento democratico.
    Il Presidente della Repubblica ha, inoltre, in data 24 ottobre 2013, nel corso dell’esame parlamentare riferito alla riforma della legge elettorale, impropriamente convocato alcuni soggetti, umiliando istituzionalmente il luogo naturalmente deputato alla formazione delle leggi. Si tratta, segnatamente, del Ministro per le Riforme Costituzionali, del Ministro per i Rapporti con il Parlamento e Coordinamento delle Attività di Governo, dei Presidenti dei Gruppi Parlamentari “Partito Democratico”, “Popolo della Libertà” e “Scelta Civica per l’Italia” del Senato della Repubblica, e del Presidente della Commissione Permanente Affari Costituzionali del Senato.

    3. Mancato esercizio del potere di rinvio presidenziale
    Il Presidente della Repubblica, recita l’articolo 74 della Costituzione, prima di promulgare un progetto approvato dalle due Camere, può rinviarlo al mittente, chiedendo una nuova deliberazione. Il rinvio presidenziale costituisce una funzione di controllo preventivo, posto a garanzia della complessiva coerenza del sistema costituzionale.
    Spiccano, con evidenza, alcuni mancati e doverosi interventi di rinvio presidenziale, connessi a norme viziate da incostituzionalità manifesta.
    Possono, in particolare, evidenziarsi sia con riferimento alla legge n. 124 del 2008 (c.d. «Lodo Alfano»), sia con riguardo alla legge n. 51 del 2010 (c.d. «Legittimo impedimento»). Nel primo caso, le violazioni di carattere costituzionale commesse ad opera della Presidenza della Repubblica sono risultate duplici, stante sia l’autorizzazione alla presentazione alle Camere del disegno di legge governativo, sia la sua relativa promulgazione; norma, questa, dichiarata integralmente incostituzionale dalla Consulta con sentenza n. 262 del 2009. Nel secondo caso, la legge promulgata è stata dichiarata parzialmente illegittima dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 23 del 2011 ed integralmente abrogata con referendum popolare del giugno 2011.

    4. Seconda elezione del Presidente della Repubblica
    Ai sensi dell’articolo 85, primo comma, della Costituzione «Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni». É, dunque, evidente che il testo costituzionale non contempla la possibilità dello svolgimento del doppio mandato da parte del Capo dello Stato.
    A tal riguardo, il Presidente Ciampi ebbe a dichiarare che: «Il rinnovo di un mandato lungo, quale è quello settennale, mal si confà alle caratteristiche proprie della forma repubblicana del nostro Stato».
    In definitiva, anche in occasione della sua rielezione, il Presidente della Repubblica – accettando il nuovo e doppio incarico – ha violato la forma e la sostanza del testo costituzionale, connesso ai suoi principi fondamentali.

    5. Improprio esercizio del potere di grazia
    L’articolo 87 della Costituzione assegna al Presidente della Repubblica la possibilità di concedere la grazia e di commutare le pene. La Corte costituzionale ha sancito, a tal riguardo, con sentenza n. 200 del 2006, che tale istituto trova supporto costituzionale esclusivamente al fine di «mitigare o elidere il trattamento sanzionatorio per eccezionali ragioni umanitarie».
    Viceversa, in data 21 dicembre 2012, il Capo dello Stato ha firmato il decreto con cui è stata concessa al direttore del quotidiano “Il Giornale”, dott. Sallusti, la commutazione della pena detentiva ancora da espiare nella corrispondente pena pecuniaria. A sostegno di tale provvedimento presidenziale, il Quirinale ha «valutato che la volontà politica bipartisan espressa in disegni di legge e sostenuta dal governo, non si è ancora tradotta in norme legislative».
    Analogamente, il Presidente della Repubblica, in data 5 aprile 2013 ha concesso la grazia al colonnello Joseph L. Romano, in relazione alla condanna alla pena della reclusione e alle pene accessorie inflitta con sentenza della Corte d’Appello di Milano del 15 dicembre 2010. La Presidenza della Repubblica ha reso noto che, nel caso concreto, «l’esercizio del potere di clemenza ha così ovviato a una situazione di evidente delicatezza sotto il profilo delle relazioni bilaterali con un Paese amico».
    Con nota del 13 agosto 2013, inoltre, il Presidente della Repubblica ha impropriamente indicato le modalità dell’esercizio del potere di grazia, con riferimento alla condanna definitiva del dottor Berlusconi, a seguito di sentenza penale irrevocabile relativa a gravissimi reati.
    Dunque, anche con riguardo agli istituti di clemenza, il potere nelle mani del Capo dello Stato ha subito una palese distorsione, ai fini risolutivi di controversie relative alla politica estera ed interna del Paese.

    6. Rapporto con la magistratura: Processo Stato – mafia
    Anche nell’ambito dei rapporti con l’ordine giudiziario i comportamenti commissivi del Presidente della Repubblica si sono contraddistinti per manifeste violazioni di principi fondamentali della nostra Carta costituzionale, con riferimento all’autonomia e all’indipendenza della magistratura da ogni altro potere statuale. La Presidenza della Repubblica, attraverso il suo Segretario generale, in data 4 aprile 2012, ha inviato al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione una lettera nella quale si chiedevano chiarimenti sulla configurabilità penale della condotta di taluni esponenti politici coinvolti nell’indagine concernente la trattativa Stato-mafia e, addirittura, segnalando l’opportunità di raggiungere una visione giuridicamente univoca tra le procure di Palermo, Firenze e Caltanissetta. Inoltre, il Presidente della Repubblica ha sollevato Conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale nei confronti della Procura della Repubblica di Palermo, in merito ad alcune intercettazioni telefoniche indirette riguardanti lo stesso Capo dello Stato. Tale iniziativa presidenziale, fortemente stigmatizzata anche da un presidente emerito della Corte costituzionale, ha mostrato un grave atteggiamento intimidatorio nei confronti della magistratura, oltretutto nell’ambito di un delicatissimo procedimento penale concernente la presunta trattativa tra le istituzioni statali e la criminalità organizzata. Sempre con riferimento al suddetto procedimento penale, il Presidente della Repubblica ha inviato al Presidente della Corte di Assise di Palermo una missiva, al fine di sottrarsi alla prova testimoniale. In particolare egli ha auspicato che la Corte potesse valutare «nel corso del dibattimento a norma dell’art. 495, comma 4, c.p.p. il reale contributo che le mie dichiarazioni, sulle circostanze in relazione alle quali è stata ammessa la testimonianza, potrebbero effettivamente arrecare all’accertamento processuale in corso».

    Il Presidente della Repubblica in carica non sta svolgendo, dunque, il suo mandato, in armonia con i compiti e le funzioni assegnatigli dalla Costituzione e rinvenibili nei suoi supremi principi. Gli atti e i fatti summenzionati svelano la commissione di comportamenti sanzionabili, di natura dolosa, attraverso cui il Capo dello Stato ha non solo abusato dei suoi poteri e violato i suoi doveri ma, nei fatti, ha radicalmente alterato il sistema costituzionale repubblicano.
    Pertanto, ai sensi della Legge 5 giugno 1989, n. 219, è quanto mai opportuna la presente denuncia, volta alla messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica per il reato di attentato alla Costituzione.

    MoVimento 5 Stelle, Camera e Senato

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  3. Dario Dorigo

    E’ vero che Grillo le spara grosse e punta a tenere la tensione alta. E anche interessante questo articolo. Ci dovrebbe insegnare ad essere meno partigiani e piu’ ragionatori.
    Pero’ c’e’ anche un altro aspetto. Grillo chiedeva un atto pubblico e una scelta di rottura rispetto alla vecchia politica. Rifondare in qualche modo il patto democratico rotto dalle elite.

    E che ti fa Napolitanö? Organizza un piano paternalistico di piccolo cabotaggio con le varie elite per mantenere lo status quo. Ha veramente seguito il consiglio di Grillo? E il patto democratico? Un altra cosa: Ma lo sapeva il partito democratico di tutti questi piani? o sono anche loro attori inconsapevoli e quindi fregati dalle manovre misere di questi nostri reggitori?

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  5. Giuseppe Paradiso

    […]Lei ha il diritto-dovere di nominare un nuovo presidente del Consiglio al posto di quello attuale. Una figura di profilo istituzionale, non legata ai partiti, con un l’unico mandato di evitare la catastrofe economica e di incidere sulla carne viva degli sprechi.[…] Queste sono le 3 righe incriminate (ripeto 3 righe!), dato che dopo si chiede lo scioglimento delle camere. In queste 3 righe non viene mai chiesto di mettere su un governo della durata di 1 anno e mezzo senza passare per le urne nè tantomeno secondo le modalità che poi sono state usate. Il senso di tutta la lettera non è quello che vorrebbe fare intendere lei (con scarsi risultati dato che basta leggere tutto). Che tristezza! RIpescare 3 righe di una lettera di 2 anni fa per nascondere le nefandezze di chi il governo Monti l’ha voluto violando la costituzione, ne ha votato i provvedimenti senza senso e ha cercato di ripetere il tutto con Letta. Ma è più triste Civati. Pensi se facessimo la stessa operazione con le dichiarazioni rese in campagna elettorale (e non) degli attuali esponenti del PD confrontandole con ciò che poi all’atto pratico hanno votato…

    Saluti

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    1. mirkoboschetti Autore articolo

      Nessuno le vieta di farlo con le dichiarazioni degli altri.

      Si chiede un nuovo governo (prima) e (se necessario) lo scioglimento delle camere. Se leggi tutta la dichiarazione di Peppe, secondo te sarebbe stato così pazzo da pensare che (con quella situazione e con quella legge elettorale) ci fossero le possibilità di andare a nuove elezioni?

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      1. Giuseppe Paradiso

        Estratto dal post del 05/08/2011: […]Per evitare la catastrofe economica e ripartire, è necessario fare tre cose: cambiare la legge elettorale, un governo di salute pubblica per il tempo necessario a far passare la tempesta e il ritorno alle urne[…].
        Quindi 1 non era pazzia pensare ad un ritorno breve alle urne (come accaduto in Spagna senza consehuenze) 2 il pensiero di Grillo, che lei ha tentato di stravolgere evidenziando 3 righe di un post è perfettamente riassunto qui http://www.beppegrillo.it/2011/08/per_evitare_la.html.
        Di nuovo saluti

  6. manuele

    Forse non vi è chiaro, nella richiesta di impeachment del movimento 5 stelle non si fa riferimento per nulla e a nessun titolo a quanto avvenuto tra Monti e Napolitano nel 2011, le motivazioni dell’atto le ho riportate sopra (visto quanto sono bravo ad incollare)nella mia risposta; il caso Napolitano-Monti è stato cavalcato da qualche forza politica (farsa italia) per salire sul carro dell’impeachment a seguito dell’uscita del libro in cui sono contenute le interviste a diversi esponenti politici ed imprenditori.

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