5 anni fa le elezioni nei comuni superiori erano finite così: 21 comuni al centrosinistra, 4 al centrodestra.
Questa domenica invece il centrosinistra è riuscito a vincere in solo 8 comuni, il centrodestra in 7, il M5S il 3, la destra in 3, e uno (Napoli) è andato alla sinistra.
Tirando una somma di quelle che sono state le elezioni amministrative 2016 (contando anche i comuni più piccoli), è evidente che il centrosinistra abbia perso.
Difficile dire se nella mancanza di fiducia degli elettori verso il centrosinistra abbia influito di più il malessere verso il governo, la futura battaglia referendaria, l’incapacità di alcune classi dirigenti locali, candidati sbagliati e non rappresentativi, la voglia di cambiamento. Io penso che in un’analisi che consti di oggettività e obiettività, ci vadano tutti questi elementi in tutti i comuni che abbiamo perso. E forse anche in quelli che abbiamo vinto, ma di poco.
Il territorio italiano è così variegato politicamente che di città in città questi fattori hanno trovato più forza, e anche più convinzione, quindi proverei a tracciare un’analisi per punti partendo da comuni che conosco abbastanza bene, visto che in uno ci studio e vivo (Milano), nell’altro ci sono nato e ho vissuto (Ravenna).
Prima di partire, premetto che sono molto contento dei risultati di Ravenna e Milano, città che sono tornate in mano al centrosinistra, e dove mi sono impegnato in prima persona nella campagna dei candidati sindaci e di alcuni candidati consiglieri, miei amici. So che faranno tanto, e faranno bene.
MILANO
Parto dalla vittoria più difficile, e forse anche quella che ho goduto di più. La campagna elettorale di Milano è durata 6 lunghi mesi, partendo dalle primarie, dove eravamo in ampio vantaggio su tutti e tutto, ci siam visti pareggiare il 5 giugno col candidato moderato di centrodestra. In queste ultime due settimane il Partito (prima di tutti) e poi la coalizione sono riusciti a ripartire, facendo una campagna sui territori, chiamando al telefono 30mila elettori delle primarie, mobilitando il nostro popolo. Chi ha vissuto in questi giorni nel comitato Beppe Sala sa benissimo che il clima non era quello dei migliori: tanti sondaggi ci davano sotto, Parisi era comunicativamente migliore e nei dibattiti prendeva a martellate Sala. Eppure il centrosinistra è riuscito a risorgere da se stesso. Ha iniziato insistentemente a credere nelle proprie capacità, e soprattutto nella propria VERA differenza col centrodestra (c’è un’enorme differenza tra Majorino e Salvini, tra Maran e De Corato, tra la Gelmini e Sala).
Ha ritrovato un po’ di orgoglio unitario come 5 anni fa.
Nei mesi precedenti al primo turno non era così evidente. C’era molta competizione tra i candidati a consigliere, molta lotta dentro il proprio campo di elettori già convinti. E infatti le preferenze non sono state altissime (rispetto alle liste di centrodestra), e il primo turno è finito in pareggio.
Poi ha contato anche la paura di ritornare agli anni che furono. Il centrosinistra ha perso 5 municipi su 9 a Milano, e questo ha innescato un’ansia da risultato che prima non c’era.
Certo, non sarà la vittoria di 3 punti percentuali a far rimandare la discussione interna su come abbiamo perso queste zone, ma intanto la vittoria della città godiamola. Ce la siamo meritata.
Una piccola riflessione la farei anche sulla brutta campagna che qualcuno ha svolto contro Beppe Sala. Sala ha gestito l’expo con passione e secondo me anche bene. Per mesi questo suo lavoro svolto è diventato un boomerang, usato più che dalla destra e dai grillini (ovviamente), anche da alcuni gruppi che facevano parte della coalizione a sostegno di Pisapia: la sinistra per Rizzo e i radicali di Cappato, e ancora prima una parte di sel e di sinistra intorno la Balzani. I primi due penso siano rinsaviti le ultime settimane, prima Cappato (che ha appoggiato ufficialmente Sala), poi Rizzo (che a radio popolare ha dichiarato che avrebbe votato Sala).
Della sinistra balzaniana, in parte rientrata in Sinistra Per Milano, ho apprezzato il suo senso di appartenenza ad un centrosinistra, nonostante alcune resistenze interne, ma soprattutto nazionali. Riguardo la Balzani, mi sarebbe piaciuto un maggiore interesse verso il futuro politico della città dove a dicembre ha portato la residenza.
Abbiamo vinto nonostante polemiche ingiuste e pretestuose verso Sala come persona, la storia sui conti expo (come se expo fosse stata una semplice società, e non un evento planetario che ha visto arrivare a Milano 20 milioni di persone), nonostante critiche verso un governo nazionale che non c’entrava niente con l’amministrazione milanese (poi negli ultimi giorni, un minimo di obiettività ha contribuito a farlo capire a tutti), e nonostante un permalosismo che per mesi ci ha danneggiato come centrosinistra, e poi fortunatamente è sparito o è stato occultato.
Mi piacerebbe chiedere a qualcuno se ne è valsa la pena rischiare così tanto, ma saprei già la risposta: “è colpa vostra”.
Parisi. Una piccola riflessione la farei anche sul candidato di centrodestra Stefano Parisi. Tranne in alcuni momenti (tipo quando ha delirato sul gender) Parisi ha fatto un’ottima campagna, molto dignitosa, molto interessante, senza inutili polemiche. Essendo stato quasi una creatura berlusconiana, la sua candidatura ha assunto a tratti caratteri di telenovela, raccontata in un libricino che ha inviato nelle case dei milanesi. Però onestamente, anche vedendo i dibattiti tra i candidati nelle altre città, Milano è sembrata anni luce diversa dal resto d’Italia. Una campagna molto corretta, senza colpi bassi, auto rubate, Red Ronnie starnazzanti.
Se dietro Parisi non ci fossero stati La Russa, Passera, Gelmini, De Corato, fasci vari, Salvini, etc,etc sarebbe stato un candidato quasi di un centrodestra normale ed europeo.
Zona 2. Un’ultima riflessione la vorrei fare nella zona che ho girato di più, quella dove Angelo Turco (per chi non lo sa, il mio amico candidato che ho aiutato nella campagna per il consiglio comunale) è nato e dove vive, e dove si trova il circolo al quale sono iscritto. E’ la zona più di destra di Milano, dove il prossimo presidente sarà un 26enne leghista, ed è l’unica zona dove Parisi è arrivato primo.
Via Padova, stazione centrale, quartiere Adriano, Greco sono state le zone dove con più forza si è imposto il centrodestra. Forse dovremmo riflettere su alcune tematiche come immigrazione e criminalità, sicurezza e inclusione, che in queste zone sono particolarmente sentite e che spesso a sinistra vengono ignorate e a destra condite di populismi e cavolate. Il Partito dovrebbe essere più presente, non solo in campagna elettorale, ma durante tutto il resto dell’anno: non ha più senso mostrarci solo tre settimane prima del voto, ai mercati. Dovremmo fare un lavoro migliore sul territorio
(magari partendo dai tanti contatti che abbiamo di persone che votano alle primarie) e lo dovremmo fare non “anche se il PD fa fatica” ma “soprattutto perchè il PD fa fatica”.
RAVENNA
A Ravenna ha vinto Michele, mio amico, primo segretario, colui che contattai all’età di 16 anni chiedendogli come si facesse ad entrare nel Pd, e poi mi fece entrare. E’ una delle persone più entusiaste e capaci che conosca. Il risultato è stato buono, non all’altezza dei suoi reali meriti, ma sono sicuro che stupirà tutti, anche quelli che hanno preferito cercare qualcosa di diverso.
Su questo bisognerebbe fare una riflessione lunga e approfondita: che senso ha cercare qualcosa di diverso fine a se stesso? La novità fine a se stessa? Davvero è un cambiamento accettabile votare Lega perchè -gli altri hanno sempre governato- e per provare qualcosa di nuovo dopo 70 anni?
Mi piacerebbe una risposta da chi, non di centrodestra, ha voluto votare Alberghini, andando contro oltre le proprie idee, anche contro la Storia della propria regione, la Romagna, che il razzismo, la violenza (non di Alberghini, ma di qualche suo oppositore sicuro), e la chiusura mentale ha sempre tentato di allontanare.
Anche qui una riflessione andrebbe fatta sulle zone che hanno scelto il centrodestra, in particolare i lidi, e alcuni seggi della città, partendo sempre dalla solita tematica della legalità.
Abbiamo vinto grazie al forese, dove c’è più senso di appartenenza ad una stessa Storia: la mia Castiglione, per esempio, ha portato il 62% al centrosinistra.
ROMA
Argh.
Difficile commentare Roma da fuori Roma. Provo a riassumere in modo flash: abbiamo amministrato tiepidamente, siamo stati travolti dagli scandali (anche di mafia), abbiamo dimesso in maniera goffa il nostro sindaco, abbiamo cercato di ricostruire il partito, abbiamo candidato Giachetti. Qualcuno dice che eravamo destinati a perdere, e lo penso anch’io.
Una cosa che non ho condiviso per niente in questi ultimi giorni di campagna è la tecnica grillina di fango sull’avversario, con tanto di sms al limite dell’infamia. Come ho letto su facebook, “il pd a Roma poteva scegliere di perdere con dignità, ha scelto di perdere da grillini”. E così è andata.
IL RESTO
Il resto d’Italia lascia un quadro per niente rassicurante. Ogni volta che andiamo contro al M5S, perdiamo i ballottaggi. Non riusciamo a trovare le parole adatte, e penso anche le persone per scontrarci contro una forza nuova come i 5stelle.
Quando ci scontriamo contro il centrodestra a volte vinciamo (Varese, oppure Caserta), a volte no (penso a Savona, Finale Emilia, Grosseto).
Ancora la maggioranza degli italiani nota la differenza in positivo del Pd rispetto la Lega. Ma quella del Pd rispetto al M5S fatica a vederla. Nel 2014 li doppiammo, dimostrandoci nuovi, freschi, con la voglia di fare e cambiare il Paese. Adesso perdiamo ancorandoci ai nostri comuni, parlando di quello che abbiamo fatto, ripetendo i nostri valori. Non basta più. I cittadini ci chiedono un salto intellettivo enorme: dobbiamo cambiare noi stessi ogni volta, martellare su ogni tema, e dare sentimento di cambiamento. A Torino e a Roma ha vinto il cambiamento, che non riconosco, ma sempre di cambiamento si tratta.
A Napoli ha vinto un altro genere di cambiamento: un sindaco (che, per la cronaca, mai e poi mai avrei votato) che è riuscito a modificare se stesso più volte nel corso dei 5 anni del mandato, è riuscito a rappresentare le istanze più sentite dei suoi cittadini (compresa quella di apparire come “capopopolo”) e infine è riuscito ad apparire “diverso” rispetto a tutti gli altri.
Anche a Rimini (uno dei pochi comuni, dove il centrosinistra ha vinto al primo turno ricandidando l’ex sindaco), Gnassi non solo è riuscito a vincere con un 57%, ma ha preso anche più voti rispetto a 5 anni fa. E’ riuscito a farlo seguendo gli stessi punti di De Magistris, toccando temi che la sinistra fatica a toccare (come turismo, balneazione, sicurezza), dimostrando ai più di essere il più affidabile tra i candidati in campo. E non importa il nazionale, o le paure, o la situazione economica attuale, se un sindaco è bravo a toccare questi punti la gente lo capisce, a prescindere dal Partito che rappresenta e dal contesto.
Di certo nei prossimi mesi il Partito dovrà ripartire, e in alcune zone anche risorgere. Su due piedi così direi che la vittoria del referendum non è per nulla certa. In tutta Italia si sta coalizzando un malessere verso Renzi e il Pd che è unico. E non è un malessere di sinistra, di destra, o di 5stelle. Ma è un malessere che si riversa di volta in volta verso chiunque sia capace di bloccare il Pd (quindi a sinistra praticamente mai, basta vedere i risultati di Fassina o Airaudo. A destra a volte, spesso invece si riversa sui 5stelle).
Non so come ne usciremo, o come potremmo uscirne. Ma qualcosa deve cambiare. A cominciare dai rapporti verticali del Partito, che dovrebbe essere più presente nelle locale, dove spesso ci sono dirigenze inadeguate a captare e capire che le cose cambiano.
Anche Renzi dovrebbe fare un lavoro su se stesso: le polemiche inutili e pretestuose non interessano più a nessuno. Gufi, rosiconi, l’Italia del no, il cercare sempre un nemico, questo modo di far politica non ha più appeal. Nel 2014 il PD cercava di discutere con tutti per il bene del Paese, creava ponti, non chiudeva porte, al massimo le trovava chiuse. E la gente ci premiò, ci trovò interessanti, diversi. Ci diede la fiducia, perchè trasmettevamo fiducia. Cerchiamo di ritrovare quelle condizioni favorevoli, oppure continueremo a farci male, e temo che sarà sempre peggio.